Oggi metto da parte la mia proverbiale pigrizia domenicale per partecipare ad una escursione organizzata dal FAI Fondo Ambiente Italiano all’eremo celestiniano di San Bartolomeo in Legio, sulla Majella. Mi dicono che si tratta di un’agevole passeggiata di una mezz’oretta, quindi accetto di buon grado. Dopotutto, da buon abruzzese sento un’attrazione primordiale per la Majella, la “montagna madre” d’Abruzzo.
Prima di andare avanti, però, credo siano doverosi alcuni cenni su questa mitica montagna.
La leggenda dice che la ninfa Maja, una delle Pleiadi, in fuga dalla Frigia, sbarcò sulle coste d’Abruzzo portando con sé il figlio (per alcuni il titano Ermes), gravemente ferito in battaglia. Le avevano detto che sul monte Paleno, sacro a Giove, avrebbe trovato delle erbe magiche per salvare il figlio morente. Le montagne erano però innevate e le erbe introvabili. Il figlio quindi morì e la madre disperata lo seppellì sulla montagna di fronte (l’attuale Gran Sasso), dove avrebbe potuto per sempre vedere la sua tomba. Maja, inconsolabile, cominciò quindi a vagare per il Paleno fino a morire di dolore.
Giove commosso, per onorarla decise di mutare il nome al monte su cui riposava la bella ninfa, chiamandolo Majella e dedicandole anche il mese di maggio, il mese dei fiori.
Da allora, i pastori sulle montagne sentono ancora i lamenti disperati di Maja nelle ventose nottate invernali.
Questa commovente leggenda è da sempre nel cuore degli abruzzesi, rafforzata anche da un miracolo della natura, che ad ogni tramonto mostra agli abitanti della costa l’immagine del gigante dormiente e della bella addormentata (a seconda dell’angolazione da cui si guarda) nel profilo del Gran Sasso.
La madre e l’amato figlio, quindi, che si fondono per sempre in un emozionante connubio.
Ma torniamo a noi, l’ “agevole passeggiata” si rivela essere una scarpinata di 3 ore, tra andata e ritorno, su un terreno reso viscido dall’umidità… Ma lo spettacolo vale la fatica. Attraverso canyon e scarpate mozzafiato, guadando ruscelli e scalando ripidi sentieri, arriviamo all’eremo, gemma incontaminata scavata sul fianco della montagna.
Qui visse nel 1275 Pietro da Morrone, asceta ed eremita, futuro papa Celestino V. I luoghi del suo eremitaggio, pressoché intatti, pur nella loro semplicità, sono di grande fascino e le spiegazioni dei volontari del FAI contribuiscono a farti immergere nell’atmosfera del luogo.
Dopo tanta spiritualità, la giornata si conclude con una prosaica mangiata di pizzette fritte e formaggio, gentilmente offerti dal FAI nel vicino paese di Abbateggio, ennesimo gioiellino di un Abruzzo che non finisce mai di stupire.
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