Iniziamo la nostra esplorazione a Delhi indirizzandoci alla volta della città vecchia, nella quale visiteremo la moschea di Jama Masjid, la più grande dell’India.
Il pullman ci lascia alla base della grande scalinata che porta al tempio. Fino ad allora abbiamo osservato la realtà che ci circonda dai finestrini dell’automezzo, come dai vetri di un acquario. Ma quando scendiamo a terra, l’India ci assale.
Un’orda (il termine non vuole essere irriverente, ma spiega con una certa efficacia il tipo di assalto al quale si viene sottoposti) di bambini, mendicanti e venditori di paccottiglia ci attornia senza mollarci di un centimetro ad ogni passo che facciamo. Come una moderna ‘testuggine romana’, cerchiamo di difenderci tenendoci compatti gli uni agli altri, ma appena qualcuno rimane un po’ attardato viene inesorabilmente accerchiato.
Per liberarci dalla morsa decidiamo di entrare subito nella moschea.
All’ingresso, come consuetudine, depositiamo le nostre scarpe e ci infiliamo dei calzini protettivi, ma mentre ci disponiamo ad entrare, veniamo bloccati da un energumeno che ci ‘invita’ con modi perentori a coprire le nostre nudità. Nel mio caso si tratta di una porzione di gamba di circa 15 centimetri che va dalla base delle bermuda alla parte superiore delle calze, per coprire la quale vengo infilato in un imbarazzante gonnellone a quadri.
La moschea è immensa e nel suo ampio piazzale stazionano diverse persone, soprattutto famiglie con bambini, seduti a riposare. Decidiamo di fare lo stesso disponendoci in circolo in un angolo all’ombra.
Così accomodati, iniziamo a leggere ad alta voce delle notizie storico-architettoniche tratte da una guida e mentre siamo intenti in questa banale attività accade un fatto curioso. Alcune persone, forse attratte dall’idioma straniero, iniziano ad avvicinarsi e, senza alcun imbarazzo, si sistemano in piedi alle nostre spalle ascoltando in silenzio le nostre letture.
Sulle prime non ci prestiamo attenzione, ma pian piano il numero dei curiosi aumenta senza accennare ad interrompersi. Ed è quando siamo attorniati da un centinaio di persone che iniziamo a nutrire qualche apprensione, anche perché con tutta quella gente attorno la temperatura è diventata insopportabile. Interrotta quindi la lettura, ci alziamo e, come per la fine di uno spettacolo, la folla si disperde in silenzio e con grande compostezza.
Memori di questa esperienza, spesso durante momenti morti del viaggio riproporremo lo ‘spettacolo’ per le vie di qualche paese, ottenendo sempre il medesimo successo di pubblico.
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