“Ti piacerebbe fare un viaggio in Sudafrica?”. Il mio amico inizia con queste eccitanti parole la sua telefonata. Mi predispongo quindi ad ascoltare con grande attenzione quanto ha da dirmi in proposito.
Vengo così a sapere che il suddetto amico ha un volo prenotato per due per una vacanza di una settimana in Sudafrica, ma del quale non può usufruire per impegni di lavoro. Mi propone quindi di prendere il suo posto ad un costo irrisorio.
“Scusa, ma con quale strano sistema riusciresti a fare questo scambio a meno di una settimana dalla partenza?” rispondo con una punta di sospetto.
“Tu non ti preoccupare, ci penso io, è tutto regolare, devi sono pagarmi la penale”.
Avrei alcuni impegni di lavoro anch’io, ma questa è un’occasione che non posso lasciarmi scappare, quindi rimando tutto di una settimana ed accetto incondizionatamente.
A Miriam per poco non prende un infarto, ma lo sbigottimento dura poco e subito prende il sopravvento l’eccitazione per l’imminente partenza.
Sudafrica, sono anni che questo nome compare tra le possibili mete di un nostro viaggio, ma poi c’è sempre un qualcosa che non ci convince o qualche altra meta che ci attira di più. Siamo quindi felici di poter usufruire di questa occasione per fare un salto in questa terra dalla quale sinceramente non sappiamo cosa aspettarci.
Sarà comunque una vera e propria sfida riuscire ad organizzare un viaggio, seppure di una sola settimana, con così poco tempo a disposizione.
INDICE
1° GIORNO – Da Johannesburg a Phalaborwa
Dopo un confortevole volo notturno di una decina di ore, arriviamo a Johannesburg, da dove, con un volo South African Airways in coincidenza raggiungiamo Hoedspruit (al riguardo leggete il post Sudafrica: lo strano aeroporto di Hoedspruit). Qui ritiriamo l’automobile prenotata online e con un trasferimento di un’oretta giungiamo a Phalaborwa, nostra destinazione finale alle porte del Parco Kruger.
Per la visita al parco ho prenotato il nostro soggiorno di tre notti presso la guesthouse a gestione italiana Kaia Tani (per tutte le motivazioni che mi hanno portato a questa scelta e alle informazioni in merito, potete fare riferimento al post Sudafrica: istruzioni per l’uso). Posso solo confermare che si è trattato di una sistemazione davvero ottima e con Paolo e Roberta, i vulcanici proprietari, abbiamo anche concordato un programma di escursioni così completo che in soli due giorni ci ha consentito di vivere un’incredibile quantità di emozioni. Il tutto facendoci sentire sempre coccolati come a casa.
Ma torniamo a noi, arriviamo al Kaia Tani verso sera e, consumata una cena deliziosa a base di bistecche alla brace tenere come il burro e Malva Pudding, un dolce divino, molto simile per sapore allo Sticky Toffee Pudding provato in Scozia (Scozia: istruzioni per l’uso), ci mettiamo subito a letto. Domani ci aspetta una giornata decisamente impegnativa.
Dopo il Viaggio in Sudafrica, qui potete leggere gli altri miei post sul Sudafrica
2° GIORNO – Il Kruger Park
La sveglia è alle cinque. Oggi abbiamo un’escursione di una intera giornata nel Kruger. Prendiamo il sacchetto con la colazione al sacco che Paolo ci ha preparato ed usciamo nella incredibilmente stellata notte africana. Come ho già scritto nel post Sudafrica: i cuccioli del Kruger Park, abbiamo subito la gradita sorpresa di avere la jeep e la guida Craig tutti per noi.
Entriamo nel parco che è ancora notte fonda ed il freddo è intenso. Inoltre, essendo il nostro mezzo scoperto, un vento gelido ci colpisce senza pietà. Fortunatamente Paolo ci aveva preparati e siamo sufficientemente coperti, ma lo shock termico è comunque notevole.
Con il faretto che Craig dirige abilmente nelle tenebre, riusciamo a vedere solo pochi animali di piccola taglia, per lo più lepri, ma la nostra attenzione comincia a rivolgersi altrove, perché man mano che la luce comincia ad apparire all’orizzonte, si apre uno scenario semplicemente spettacolare.
Guardiamo rapiti il paesaggio a tal punto, che Miriam non si accorge nemmeno di un grazioso animaletto che mangia indisturbato a bordo strada. “Hai visto l’elefante?” le urlo per sovrastare il rumore del vento. “Quale elefante?” mi risponde con lo sguardo sorpreso…
Fa ancora molto freddo, ma pian piano il sole inizierà a scaldare l’aria e potremo liberarci almeno di coperte e cappellini da sci.
Intanto si susseguono gli avvistamenti dei grandi animali. Ad ogni esemplare che incrociamo, le macchinette scattano a ruota libera. Subissiamo di foto animali che a metà giornata non ci gireremo neanche più a guardare… “Laggiù un impala…” e giù venti foto. “Lì una zebra…” e vai con trenta foto, finché Craig, dall’alto della sua esperienza, ci consiglia di non esagerare perché la giornata è lunga e di animali ne vedremo a centinaia.
Ad ogni angolo infatti c’è una sorpresa, e Miriam va in estasi quando avvista la prima giraffa, il suo animale preferito.
Le ore scorrono fra coccodrilli, ippopotami, giraffe, elefanti, struzzi, iene, impala, antilopi, gnu, bufali, facoceri, senza contare le centinaia di uccelli che il buon Craig, da appassionato ornitologo, ci insegna a riconoscere. Mancano solo i felini, leoni e giaguari, che non riusciamo assolutamente a trovare, nonostante Craig porti la sua jeep su sterrati decisamente malandati pur di raggiungere pozze d’acqua dove potremmo avvistarli.
Una delle tattiche che adotta più di frequente è di seguirne orme ed escrementi, per capire se e quando sono passati di lì. A fine giornata sapremo riconoscere una cacca di leone ad occhi chiusi…
Incuriosito, gli chiedo perché non comunichi via radio con le altre guide per sapere se magari ne hanno trovato qualcuno, ma lui mi spiega che qui è proibito usare la radio per avvertirsi l’un l’altro degli avvistamenti. In questo modo si cerca di evitare di infastidire troppo gli animali e scongiurare il fenomeno che si verifica nei parchi del Kenya, dove ogni leone avvistato viene subito circondato da decine di jeep zeppe di turisti.
Intanto, per spezzare le lunghe ore in auto e rifocillarci un pò, ci fermiamo in un paio di quei lodge dove ero stato in dubbio se dormire la notte, e devo dire in tutta sincerità che sono felice di non averli scelti.
Sia ben chiaro che si tratta di una opinione puramente personale, ma li ho trovati un pò impersonali, in definitiva dei grossi camping con ristorante/self service comune. Sicuramente ideali per chi vuole fare un certo tipo di vacanza, ma per quelle che erano le nostre esigenze, il Kaia Tani è senza dubbio la sistemazione migliore.
C’è da dire inoltre che l’essere rinchiusi dentro il parco senza la possibilità di uscirne dopo le 18,00 ci avrebbe precluso alcune attività che volevamo assolutamente fare.
Dopo una vana ricerca dei felini, sta calando il sole e Craig deve arrendersi. Sarà per un’altra volta, ma siamo comunque più che soddisfatti. Abbiamo visto tantissimi animali ed una natura incontaminata. Siamo gli ultimi ad uscire dal parco ed i cancelli si chiudono dietro di noi.
Siamo così stanchi che dopo una doccia ristoratrice riusciamo solamente a cenare con un maialino arrosto di una bontà divina (ed un piatto vegetariano per Miriam che, purtroppo per lei, non mangia carne).
Dopo il Viaggio in Sudafrica, qui potete leggere gli altri miei post sul Sudafrica
3° GIORNO – Oliphant River
Stamattina non abbiamo levatacce in programma e ce la prendiamo un pò comoda. Dopo aver fatto una lenta e rilassante colazione, stazioniamo un pò in piscina, quindi usciamo per un giretto di perlustrazione alla cittadina di Phalaborwa.
Quando comunichiamo che vogliamo fare due passi, Paolo e Roberta ci guardano con una faccia stranita.
“Perché? Non è consigliabile?” chiede Miriam allarmata.
“No, è che qui nessuno esce a piedi. Si va sempre in auto“.
“Come mai, – insisto – il centro è lontano?”
“No, è ad una decina di minuti a piedi, ma ci si va comunque in auto…”
La cosa ci lascia un pò interdetti, ma decidiamo di sfidare le usanze locali ed usciamo comunque a piedi. In effetti, che le passeggiate non siano il pane quotidiano quì, lo si intuisce anche da un particolare: non ci sono marciapiedi.
Attraversiamo dei bellissimi viali alberati su cui si affacciano delle belle ville (palesemente una zona residenziale per bianchi) poi, piano piano, le ville cominciano a scemare, per far posto ad una serie di supermercati e centri commerciali, questi ultimi di basso livello, mentre i supermercati sono fornitissimi di ogni ben di dio. Qui la popolazione di colore è predominante.
Ne approfittiamo per comprare qualcosa da mangiare a pranzo e proseguiamo la nostra perlustrazione. Devo dire che, tolto un altro grande supermercato, non troviamo zone particolarmente interessanti. In realtà la città non è altro che un grande dormitorio per i turisti che visitano il parco e per chi lavora nella gigantesca miniera a cielo aperto che si trova appena fuori dal centro abitato.
Torniamo quindi in albergo. Il tempo di cambiarci e siamo pronti per partire alla volta dell’Oliphant River, dove effettueremo una escursione in battello sul fiume.
Barbara, che ci accompagna in auto, ci fornisce interessanti spiegazioni sulla città, sul parco e sulla miniera che, veniamo a scoprire, è una delle più grandi miniere di rame a cielo aperto del mondo.
Lungo il percorso rimaniamo sorpresi dal constatare che, pur essendo al di fuori dei recinti del parco, vi sono numerosi animali sui bordi delle strade. Barbara ci spiega che gli elefanti, nei loro spostamenti, abbattono con grande facilità le recinzioni e molti altri animali ne approfittano per uscire. Spesso vengono avvistati anche all’interno della città stessa e qualche anno fa pare che un branco di leoni si aggirasse nei pressi della miniera suscitando un allerta durato diverso tempo.
Arriviamo quindi al luogo dell’imbarco. Le nuvole sono basse e generano un suggestivo gioco di riflessi sulla superficie dell’acqua totalmente immobile. L’imbarcazione è una specie di chiatta che si muove lungo le rive del fiume, permettendo di osservare i molti animali che stazionano nei paraggi.
Anche qui, coccodrilli, zebre, giraffe, antilopi, aquile ed una miriade di altri uccelli dai mille colori, si susseguono al nostro lento avanzare, mentre un gradito spuntino ci viene offerto sul ponte del barcone. E come il sole comincia a tramontare, la scena diviene magica.
Attracchiamo che ormai è quasi buio, ma ci attende ancora un’avventura. Saliti sulle jeep e forniti di potenti faretti, ci addentriamo nella foresta alla ricerca di animali. Non vogliamo spaventarli, quindi veniamo invitati a non dirigere loro il fascio di luce negli occhi. Saranno molti gli incontri che faremo, ma anche stavolta niente felini. Penso di aver scrutato col faretto tutti gli alberi che abbiamo incontrato, alla vana ricerca di giaguari appollaiati…
La serata però non è ancora finita. Ci aspetta infatti il clou della giornata: un fantastico braai attorno ad un falò in riva al fiume Oliphant.
Arriviamo nella radura che gli addetti alla brace sono già all’opera e questa volta, dopo due giorni di escursioni in solitario abbiamo la sorpresa di avere dei compagni di serata. Ci accomodiamo alla tavolata preparata davanti al fuoco e mangiamo la splendida carne appena arrostita accompagnati dai richiami degli animali tutt’attorno a noi e da estemporanei balletti improvvisati dai nostri cuochi.
I miliardi di stelle che ci fanno da tetto saranno una delle cose che più ci mancheranno al nostro rientro a casa.
Ma per fortuna a casa non ci dobbiamo ancora tornare e l’indomani partiremo alla volta di Città del Capo.
La seconda tappa in Sudafrica: un viaggio inaspettato – tappa 2
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